Manifesto futurista del nuovo SHRC

Senza neanche accorgermene sono arrivato al 50° post di Saluzzi’s HRC.

Sembra ieri che, non riuscendo a trovare un modo per catalogare la mia collezione di dischi, ho tentato la strada del blog. La cosa mi è piaciuta subito perché ho finalmente trovato un posto dove parlare liberamente di questa passione che mi porto avanti da sempre.

Ben presto, poi, ho capito che un blog non è una cosa a se, ma entra naturalmente a far parte di una rete fatta di altri post, di commenti, di scambi con altre persone (virtuali e non) a cui piace la musica. Ho iniziato quindi a leggere regolarmente altri blog e siti musicali e questi mi hanno dato spunti e nuova linfa per crescere e per continuare il mio di blog.

Ascoltare così tante voci diverse e spesso divergenti sullo stesso argomento, però, a volte è un rischio.

Ogni blogger, infatti, con il suo background, la sua visione della musica e la sua capacità di argomentare riesce a far sembrare credibile qualsiasi discorso, anche se opposto a quello che tu pensi. Ed il mondo dei blog è un flusso così continuo e senza pause che, con il passare del tempo, qualsiasi opinione o gusto musicale inizia a perdere di senso. Esiste un gruppo, un album, un concerto o una qualsiasi cosa? stai tranquillo che esisterà sicuramente un post ben argomentato che dice che è fantastico ed un post altrettanto ben argomentato che dice che fa schifo.

Prima di arrivare alla completa assenza di opinioni, quindi, ho deciso di astrarmi un attimo, di fare il punto della situazione e di fissare alcuni concetti sull’argomento.

La musica di oggi è peggiore di quella del passato?

La mia risposta era e resta sì.

La storia della musica rock, da Elvis a Amy Winehouse, è sempre stata una mediazione tra l’autenticità degli artisti, che sono disposti a dare la vita per la musica, ed il Music-Business che da sempre indirizza, pubblicizza e finanzia la musica che vuole lui. Anche i mostri sacri del Rock oggi diventati dei miti in realtà da un certo punto di vista non erano altro che fenomeni commerciali.

1967 Los Angeles, Jim Morrison, Break on through with an electrifying album
Per il lancio del primo album dei Doors, la Elektra affisse un enorme manifesto del disco su un palazzo di Los Angeles. Il gruppo, come degli One Direction qualsiasi, fece delle foto promozionali per cercare di vendere qualche copia in più. Non stiamo parlando di Robbie Williams ma di Jim Morrison!

Da questo punto di vista, quindi, non penso che le cose siano peggiorate. Quello che è peggiorato, invece, sono gli standard qualitativi che il Music-Business ha richiesto agli artisti, standard che con il tempo si sono notevolmente abbassati.

Ieri

Prendiamo i musicisti degli anni ’60 e ’70 di cui parla spesso in questo blog.

Tutti hanno tutti delle caratteristiche in comune:

  • l’artista nasce “sulla strada”, fin da piccolo ha una passione viscerale per la musica, compra il suo primo strumento in adolescenza, trova degli amici con cui passa ore ed ore a suonare, inizia a proporsi al pubblico e, prima di essere notato e diventare una star, suona per anni in bettole dove viene spesso fischiato e non compreso.
  • l’artista spesso è autodidatta (il mito del genio ignorante va un sacco) ma comunque di musica ne capisce. Anche se è semplicemente un cantante (in genere il profilo più basso) conosce i rudimenti della musica, spesso scrive in proprio i testi e la melodia delle proprie canzoni e per lui la nascita di un brano è un processo artistico che nasce condividendo idee con il suo gruppo rinchiusi in una cantina o in uno studio. Anche quando un cantante non scrive i propri pezzi, in genere lo fa qualcun’altro del gruppo oppure se è un esterno (vedi da noi i connubi Battisti-Mogol, Battiato-Sgalambro), l’autore diventa un altro componente del gruppo che entra a far parte del processo creativo di cui sopra.
  • l’obbiettivo dell’artista è il successo solo quando questo è visto come un qualcosa che fa arrivare la sua musica a più persone ma più in generale se ne frega. La cosa più importante è andare in trance grazie alla sua musica. Il suo obbiettivo è fare la musica più bella del mondo, è andare oltre tutto quello che è stato fatto fino a quel momento, è essere creativi ed innovatori, è, infine, lanciare un messaggio al mondo, messaggio viene lanciato attraverso i testi, nei loro show, con il loro modo di essere o con le loro dichiarazioni.

Oggi

Negli ultimi anni invece direi che le caratteristiche standard richieste ad un artista si sono progressivamente abbassate.

Innanzitutto oggi nella stragrande maggioranza dei casi quando parliamo di “musicista” parliamo di “cantante”. La maggior parte di loro proviene da scuole di canto o da Talent Show e quasi sempre raggiungono il successo planetario senza essersi mai esibiti in pubblico prima.

Le qualità richiesta è quella di avere una bella voce e di saper stare su un palco, punto. Non è necessario saper suonare uno strumento, scrivere i propri brani. Il ruolo dell’artista è diventato cantare e ballare su una base preregistrata e scritta non si sa neanche da chi. Una specie di karaoke.

Anche nel linguaggio suonare oggi significa mettere i dischi in discoteca (una cosa che fanno i DJ non i cantanti) ed il processo di creazione musicale è stato tolto all’artista e passato nelle mani della case discografiche che lo affidano ad autori e musicisti interni che restano per lo più sconosciuti.

Stando così le cose l’artista sta è solo un vocalist totalmente intercambiabile. Emblematico il caso di Valerio Scanu e Marco Carta che, per una svista della casa discografica, qualche mese fa hanno inciso lo stesso brano sui loro album di inediti.

Sarebbe stato possibile quarant’anni fa trovare lo stesso brano su, che so io, Let it be ed Atom Heart Mother usciti a qualche mese di distanza?

E c’è un altra novità epocale.

Come detto, prima la “forma” ed il “contenuto” della musica erano lasciati agli artisti, le case discografiche avevano il compito di selezionare quello che pensavano fosse la musica migliore, quella del momento, e di promuoverla al grande pubblico. Le mode ed i generi musicali, quindi, anche se selezionati ed indirizzati dal Music-Business, nascevano per le strade, in fondo erano autentici. (e’ stato così per il Reggae, ad esempio, o per il Punk o l’Hip Hop)

Relegando il processo creativo alle case discografiche, invece, oggi forma e contenuto musicale nascono a tavolino dentro una casa discografica e poi vengono imposti al mondo mediante un martellamento planetario.

Anche in questo caso, esempio emblematico è il tanto celebre Gangnam Styles, un brano che ha fatto cagare e lasciato interdetti 5,5 miliardi di esseri umani ma che attraverso un bombardamento mediatico planetario di tutti i tipi fra un po’ sarà ricordata come la musica del momento.

E proprio per questo motivo non dobbiamo neanche stupirci più di tanto per notizie come queste, ovvero di un Consiglio Nazionale di Ricerca Spagnolo che ha analizzato con un algoritmo matematico circa 500.000 brani pop dal 1955 al 2010 arrivando alla conclusione che sempre di più le canzoni sono tutte uguali.

E’ chiaro, sono fatte tutte dalle stesse persone.


Mi fermo qua anche se sono solo all’inizio per cui posso tranquillamente dire che il discorso

CONTINUA…

Al lavoro (quello vero) sto vivendo un periodo massacrante, spesso sono fuori casa ed ho pochissimo tempo ed energie a disposizione. Per un po’ sarò meno regolare del solito ma cerco di pubblicare appena posso.

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8 commenti

  1. Ma no, ma no, ma no!
    Ma cosa c’entrano gli artisti rock con le star dei talent show?
    La merda alla Scanu/Carta c’era anche negli anni ’50 e ’60, solo che non se la ricorda più nessuno: cerca una classifica di vendite di quegli anni e guarda quanta roba indegna c’era anche allora.
    La musica di oggi non è Scanu/Carta: se tu pensi che sia quella, scusami ma è colpa tua che non sai più cosa succede adesso.

  2. Sono d’accordo che anche negli anni ’60 e ’70 c’era tanta merda. ANCHE appunto, non SOLO.
    I miti musicali (beatles, rolling stones, hendrix, dylan, doors, beach boys…) già all’epoca vendevano milioni di dischi e, anche se contornati da robaccia, li ritrovavi in classifica; per il semplice fatto che erano fenomeni rappresentativi della società di quel periodo.

    Oggi i musicisti che fanno musica sul serio ed entrano in classifica confondendosi con i vari carta/scanu & co. americani-inglesi-sudcoreani sono 1 su 1000. Gli altri 998 sono zozzeria con le caratteristiche descritte nel post.

    Per arrivare a 1000, infine, ce n’è un altro che vive in posti tipo myspace o jamendo o bandcamp, che fa musica “come una volta” ma che non se la fila nessuno, non ne parla nessuno, non la compra nessuno e se l’ascoltano fra di loro. Intendi questa quando parli di musica di oggi?

  3. Chissà però che gruppi come Muse, Black Keys, White Strips, Mars Volta tra trent’anni non siano guardati come numi tutelari di un rock scomparso che nel 2040 propone solo schifezze…
    Io credo sia una questione di sovraesposizione di certi personaggi ambigui ( i Carta, gli Scanu…) rispetto ad altro.
    Poi chiaro che cambia anche il mondo: il ruolo che la TV oggi ha nella formazione del gusto musicale forse negli anni ’60 e ’70 non ce l’aveva.
    Parla uno che comunque adora gli anni ’60!

  4. Se in quello che segue qualcosa suonerà offensivo, domando scusa anticipatemente, non è mia intenzione esserlo, ma in una conversazione scritta è molto più facile non comprendersi.
    Allora, nella tua tesi ci sono un bel po’ di cose che non riesco a condividere:

    1 – cosa c’entra la qualità della musica prodotta in un certo periodo con le classifiche di vendita?
    Oggi si vendono meno dischi, perchè sono cambiate tantissime cose dagli anni ’60, ma in classifica c’è sempre stata la merda, non la musica buona.

    Singoli più venduti del 1965:
    Il Silenzio – Nini Rosso
    Non son degno di te – Gianni Morandi
    Il Mondo – Jimmy Fontana
    Un Anno d’amore (C’est irreparable) – Mina
    La Notte (La nuit) – Adamo
    Si fa sera – Gianni Morandi
    Ciao ciao (Downtown) – Petula Clark
    La Festa – Adriano Celentano
    Per un pugno di dollari – Ennio Morricone
    Piangi (Boy’s cry) – Richard Anthony

    Singoli più venduti del 1968:
    Azzurro – Adriano Celentano
    La Bambola – Patty Pravo
    La Nostra favola (Delilah) – Jimmy Fontana
    Applausi – I Camaleonti
    La Tramontana – Antoine
    Rain and tears – Aphrodite’s Child
    L’Ora dell’amore (Homburg) – I Camaleonti
    Il Volto della vita (The days of Pearly Spencer) – Caterina Caselli
    Angeli negri (Angelitos negros) – Fausto Leali
    Il Giocattolo – Gianni Morandi

    Gli altri anni (li trovi tutti qui) sono più o meno così.
    Tu vedi grandi differenze con oggi? Io, sinceramente, no.

    2 – La tua percezione della musica attuale è LA TUA PERCEZIONE della musica attuale.
    Che non è Scanu e Carta nè Gangnam Styles, ma tantissimi gruppi che, come sempre, nascono nelle cantine, non vanno ai talent show e suonano dal vivo nei locali che programmano musica live, con la stessa identica passione dei gruppi di quaranta o cinquanta anni fa.
    Il fatto che tu non li conosca non vuol dire che non esistano.
    Il fatto che tu sostenga che oggi c’è solo musica di merda, vuol dire che, per una serie di motivi, non conosci più quello che succede nella scena musicale attuale.

    3 – Anzi, il fatto che tu non li conosca e quindi pensio che non esistano, è molto significativo del perchè OGGI sia più difficile emergere per i gruppi “rock”: perchè gli stessi appassionati di musica rock si convincono a priori che una volta sì e adesso fa tutto schifo. E lo dicono e lo scrivono sul web, rendendo un pessimo servizio alla causa della musica. Anche se, va detto, in compagnia della quasi totalità della critica rock nostrana, dal Buscadero ai patetici ex del Mucchio che scrivono su Suono.

    4 – Un disco che esce oggi, ma certo che ha una mole di roba immensa con cui confrontarsi.
    Il rock ha grosso modo sessant’anni, ovvio che la produzione del 2012 rispetto ai 60 anni precedenti sembri più debole.
    Sia perchè statisticamente è più probabile trovare un disco stupendo in 60 anni di produzione che in un anno solo, sia perchè quali saranno i dischi che tra vent’anni saranno spravvissuti alla prova del tempo lo sapremo, appunto, tra vent’anni.
    Ma questo è un difetto di prospettiva piuttosto comune tra gli appassionati di musica rock: è la “critica presbite retroattiva”, che riesce a vedere bene solo lontano all’indietro, e non vede nulla di quello che c’è vicino.

    5 – Invecd di sostenere la tesi “La musica di oggi è peggiore di quella del passato”, avresti potuto dire “la musica del passato mi piace molto di più della musica di oggi”.
    Al netto del fatto che evidentemente conosci pochissimo “la musica di oggi”, su questo non avrei avuto quasi niente da dire. Sono i tuoi gusti, chi li può contestare?
    Ma asserire cosa sia peggio e meglio, e no. Qui dovresti essere oggettivo, e oggettivamente ti sfido a dimostarlo…
    🙂

  5. @ Evil
    Sicuramente c’è l’aspetto del tempo che passa e che fa sembrare le “cose vecchie” meglio di quelle attuali (Allelimo ne parla spesso nel suo blog). Quello che vorrei dire è: siamo certi che sia solo questo e non siamo di fronte ad un cambiamento più grande? ci torno nella risposta sotto

    @ Allelimo
    Sul primo punto sono in linea di massima d’accordo.
    Dato che negli anni ’60 da noi la musica inglese andava poco forse sarebbe meglio prendere una classifica UK dell’epoca (http://www.sixtiescity.com/charts/67chart.htm#bestalb67). Continua ad esserci tanta mondezza però i “miti” ci sono.
    Come dice Evil, anche oggi i Muse o i White Stripes ce li trovi in classifica ma voi sareste disposti a scambiare i Beatles o Hendrix con Muse e White Stripes;
    per carità bravissimi ma…

    I punti 2, 3 e 4 centrano il tema.
    Per comodità sostituisco me stesso con un qualsiasi appassionato di musica “medio” che si informa “mediamente” anche di quello che succede nel suo tempo (spero non mi consideri troppo presuntuoso :)).
    Secondo te è normale che un appassionato di musica medio non abbia mai sentito parlare di un gruppo che dovrebbe essere quello che rappresenta la sua società?
    Oppure, giro la domanda, secondo te un appassionato di musica classica o Jazz degli anni 60 è plausibile che all’epoca non avesse mai sentito nemmeno NOMINARE i Beatles, Jimi Hendrix o i Pink Floyd?
    Probabilmente li avrebbe disprezzati ma non averli sentiti nominare mi sembra troppo.

    E dato quello che dici al punto 4, ovvero che dopo 60 anni la musica rock non ha più nulla da dire o quasi, quello che mi chiedo è se non ci troviamo di fronte ad un cambiamento epocale in cui la musica “rock” ha semplicemente terminato il suo ciclo e dobbiamo iniziare a vederla come un qualcosa del passato.

    Non sarebbe la prima volta.

    Agli inizi dello scorso secolo, siamo stati in grado di relegare alla storia la musica classica dopo oltre 4 secoli di maturità espressiva e di attualità.
    E siamo riusciti a farlo in un periodo di tempo straordinariamente breve (anche se agevolato da un paio di conflitti mondiali).
    Se, però, prima della prima guerra mondiale erano ancora vivi ed attivi musicisti come Debussy, Fauré, Stravinskij, Richard Strauss ecc e nessuno avrebbe messo in dubbio cosa fosse la “musica”.
    Negli anni ’50, a distanza di 30 anni, era chiaro a tutti che scrivere musica contemporanea era diventata una cosa anacronistica e che la società dell’epoca musicalmente si esprimeva con altri mezzi (in questo caso proprio con la musica a noi tanto cara).

    In altri ambiti, la stessa cosa è successa alla pittura dopo l’invenzione della fotografia.
    Gli artisti, sentitisi minacciati da questa nuova tecnologia hanno iniziato a ricercare nuove vie.
    E per molto tempo è andata alla grande:
    Impressionismo – fighissimo
    Post impressionismo (van gogh, cezanne, puntillissmo) – ancora fighissimo
    Espressionismo – molto bello
    Avanguardie storiche (cubismo-futurismo-dada-surreali) – sempre più figo
    Astrattismo ed espressionismo astratto – bellissimo
    Tutta una pletora di esperimenti sulla falsariga (bauhaus, arte povera, arte concreta, performance, le tele bucate di Fontana, Merda d’artista e chi più ne ha più ne metta) – inizia ad essere meno figo
    Pop art – canto del cigno
    E poi? e poi altri 30 anni di ricerche che hanno fatto capire che l’arte era finita, che la nostra società si esprime visivamente con altre forme (pubblicità, tv, cinema, computer…) e che queste forme sono come una cosa passata da studiare in un museo.
    E’ anacronistico continuare a farne di nuove.

    Ecco,
    siamo convinti che fra 30 anni invece di considerare i White Stripes come i nuovi Pink Floyd del 2010 non li considereremo come la Transavanguardia (ovvero artisti arrivati troppo tardi per fare le stesse cose dei loro predecessori) e li avremo dimenticati?
    Siamo sicuri che non avremo relegato la musica rock ai musei o ai concerti al cinema (cosa che ultimamente sta andando molto di moda) o ad un ologramma che andremo a vedere in uno stadio gremito o a qualsiasi celebrazione di un qualcosa di grandioso ma di passato?

    —–

    Il “continua” del post voleva affrontare proprio il punto 5, ovvero l’eccessivo individualismo del giudizio estetico, ma c’è già tanta carne al fuoco, ci torno più in là. Così abbiamo materiale per litigare anche in futuro 🙂

  6. Però vedi, a me per esempio le tele di Fontana piacciono molto; mi piacciono i cerchi neri di Malevic; l’anno scorso per la prima volta ho visto una mostra di arte povera veramente contemporanea (anni 80-90) e, tra alcune cose che ho trovato orrende, ce ne erano altre che mi sono piaciute tantissimo.
    Certo che quando si parla di musica commerciale ci sono due piani sempre compresenti e che spesso non vanno in accordo che sono quello prettamente artistico e quello commerciale (successo, popolarità…). Non è facile distinguerli e a distanza di tempo si possono generare anche, come dire… delle trasposizioni. A me per esempio ha aperto gli occhi scoprire come gli oggi legendari Led zeppelin al loro tempo fossero il gruppo per eccellenza degli adolescenti maschi tra i 15 e i 18 annni. Dal punto di vista del bacino di utenza il loro corrispetttvio oggi nn sarebbero i White Stripes ma magari i Tokyo Hotel. E non sto assolutamente valutando il piano artistico, ma solo quello commerciale.
    La società cambia e la musica leggera cambia con lei.
    Ripeto lo dice uno che adora la musica vecchia, che l’ha mitizzata per anni… poi ha scoperto Kyuss, Henry Rollins, rage Aginst The machine… e sono cominciati i dubbi. Come li ho risolti?
    Con la convinzione che alla fine chiedersi se erano meglio “gli antichi” o i “moderni” sia un argomento sterile all’atto pratico. Io per primo ( e alle, e magari tu stesso) ci divertiamo a scriverci sopra dei post che sono per altro interessanti (come il tuo)…però cerchiamo di non dimenticare che alla fine… le classifiche e i primati in questo campo non esistono.
    Generazioni di giornalisti sportivi ancora non hanno capito se fosse meglio DiStefano o Maradona, Coppi o Merckx… e lo sport continua, continua perchè fatto dai nostri contemporanei. almeno di questo diamogliene atto!

    Un saluto!

  7. Sono arrivato al fulcro della questione soltanto nei commenti e la vera domanda che volevo porre non è tanto se la musica di un tempo sia migliore di quella di oggi ma se siamo certi che la fase di “transizione” che stiamo vivendo oggi sia solo la ripetizione di quello che abbiamo già visto in passato (più o meno ogni dieci anni) oppure se non ci sia qualcosa di esterno che sta trasformando radicalmente la musica.

    Certo un post così rischia di essere, se non “sterile”, quantomeno “azzardato”, più che altro perchè è una materia così astratta che anche se i ragionamenti da un punto di vista logico filano, parlano di cose così lontane dalla realtà che, viste dal di fuori, rischiano di sembrare un mucchio di cazzate lo stesso (tranne che per me, Allelimo, e forse per te).

    Ma questo è il mio 50° post, quale miglior modo di festeggiare di un po’ di dibattito filosofico “fantamusicale” 🙂

  8. Discorso interessante, ragionare intorno alla musica è un’attività non importante ma seria, e a me fa sempre piacere poterlo fare con qualcuno che ha lo stesso interesse per la materia.

    Le classifiche, non cambia molto: se paragoniamo le classifiche italiane di oggi con quelle di allora, o quelle inglesi o americane, il rapporto tra merda/musica buona è grosso modo costante.
    Soprattutto limitandoci alle prime posizioni, la merda stravince, in ogni tempo e in ogni luogo…

    Al punto 4 NON HO ASSOLUTAMENTE detto che dopo 60 anni la musica rock non ha più nulla da dire.
    Niente è più lontano di questo da quello che penso: sono convinto che la musica rock stia benissimo, e stia producendo cose molto interessanti.
    Magari meno conosciute di una volta, ma chissenefrega, non è mica la quantità di copie vendute a fare un disco buono o cattivo.

    Al punto 4 volevo solo dire che oggi è più difficile fare un “grande disco”, perchè sei messo a confronto con 60 anni di storia della musica.
    E quindi, chi riesce oggi a fare un grande disco dovrebbe essere valutato ancora di più di chi lo faceva negli anni ’60, quando il rock era “giovane”…
    🙂

    La musica classica non è stata relegata alla storia: continua a essere suonata e composta, e ultimamente sta scavalcando le barriere: viaggiando attraverso musica ambient e drone, esistono artisti che suonano “Modern Classical”, e sono molto più vicini al rock che alla musica colta dell’800.

    Dobbiamo forse prima chiarirci su cosa sia il rock, una parola che purtroppo significa tutto e il suo contrario.
    Per me, con “rock” identifico quella parte della “popular music” che mette al primo posto la ricerca artistica piuttosto che quella commerciale.
    Rock per me sono i Beatles e i Rolling Stones, i Clash e i Joy Division, i Sonic Youth e gli Spacemen 3, Fennesz e David Sylvian, i Message to Bears e Richard Skelton, Khonnor e i Giardini di Mirò.

    Cosa succederà fra 30 anni, beh, adesso non lo sappiamo.
    Spero per i White Stripes (che non mi piacciono per nulla) che non si sputtanino così tanto da essere considerati i nuovi Pink Floyd.
    Però, come ha detto giustamente Evil Monkey, i Led Zeppelin erano, negli anni in cui suonavano (confronta ad esempio cosa scriveva di loro Lester Bangs), poco più di una boy-band come pubblico di riferimento, e i Beatles fino a “Revolver” lo stesso.

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