Vinyl Revolution

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Dopo quasi un anno di elogi incondizionati al ritorno al vinile da parte dei media mainstream, iniziano ad apparire i primi inevitabili dissensi che mettono in dubbio quello che fino a ieri sembrava essere diventata una verità indiscutibile.

Un esempio è questo articolo che, analizzando il fenomeno del vinile da un punto di vista dei numeri, si pone la domanda: ma non è che ci siamo sbagliati?

Al di là del fatto che tale fenomeno riguarda solo l’ascolto di musica da casa, fetta del mercato che già di per se è minoritaria (per negozi, uffici, centri commerciali, radio, produzioni televisive e di audiovideo, aeroporti, stazioni metro e ferrovie, autovetture, bar, pub, discoteche, feste, matrimoni e per i migliaia di altri posti dove è possibile ascoltare musica non ha senso il ritorno al vinile); anche tra gli ascoltatori casalinghi, poi, il vinile attrae gli “appassionati” di musica e non gli ascoltatori “occasionali” (la musica è di tutti e per tutti e dio la salvi!).

Non stupisce, quindi, che, seppure abbiano subito un boom nell’ultimo periodo, nelle classifiche di vendita i dischi in vinile sono e saranno sempre un supporto di nicchia.


In mezzo a vecchi vinili - la vinyl revolution

Se l’analisi del volume di fatturato dei vinili è un dato oggettivo per calcolare il peso di questo formato, però, secondo me è un dato parziale per comprendere appieno la portata del fenomeno.

L’analisi infatti non considera che quando sono tornato al vinile, io come tanti altri, mi sono ritrovato decine di vinili già in casa, vinili che avevo comprato negli anni ’80 e ’90 e che hanno avuto una seconda vita proprio quest’anno, al pari dei dischi nuovi, ma di cui non c’è traccia nelle classifiche di vendita.

Senza contare tutti i vinili acquistati nelle bancarelle di antiquariato o nelle fiere, o i migliaia di vinili usati venduti da privati da Ebay o Discogs (in realtà ho il dubbio che nel fatturato della classifica manchino completamente i dischi usati, anche quelli venduti dai negozi di dischi).

Non voglio poi arrivare a dire che il vinile di per se sia un supporto che crea dipendenza e tende a farsi riascoltare e che se parlassimo di ascolti piuttosto che di “dischi venduti” la classifica sarebbe ben diversa.
Se inizio a parlare di qualità non oggettive, infatti, qualcuno inizia a dire che sono un fanatico screditando l’intero ragionamento 🙂

Resta il fatto che, potrei sbagliarmi ma non sono riuscito a trovare un altro fenomeno dell’ultimo secolo che, pur riguardando un oggetto, non è misurabile attraverso le misurazioni di vendita e sfugge, almeno in parte, alla logica produzione/consumo.

Se non è una rivoluzione questa…

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10 commenti

  1. ehm uhm, in realtà qualsiasi fenomeno che coinvolge la compravendita di oggetti usati è identico a quello di cui parli tu per il vinile: “qualsiasioggettotivengainmente” + “d’epoca”, ecco fatto. con la stessa logica produzione/consumo indipendente dall’oggetto, e quotazioni dipendenti non dal “valore” ma dalla rarità dell’oggetto stesso.
    in una sola parola(ccia), “collezionismo”. bleah 🙂

    • Sì, sì certo però io nel vinile ci vedrei qualcosa in più.
      Il vinile è un tipo di collezionismo che ha costretto il mercato di riferimento (che per oltre quindici anni lo ha considerato come un oggetto morto) a doversi ricredere, ed oggi tutte le nuove uscite discografiche escono di nuovo anche in vinile.
      E’ un oggetto d’epoca che è rientrato nella nostra cultura diventando qualcosa di attuale:
      ormai i vinili li trovi nelle pubblicità di profumi, nei videoclip dei gruppi ggiòvani, sui giornali, negli accessori di abbigliamento e della casa.
      Nessun’altra anticaglia o broccato da collezione è mai riuscito in questa impresa.

  2. non è vero. TU non ti interessi ad altre anticaglie o broccati da collezione, e allora non conosci.
    ad esempio, il mercato degli orologi d’epoca meccanici ha creato una enorme rinascita di questo tipo di orologio, e gli orologi al quarzo non li vuole più nessuno (sono, bleah, “digitali” e non “analogici” – stessa identica storia di dischi e cd…)
    ma ci sono decine di altri esempi, tutti riassumibili nella parolaccia di prima: collezionismo… 🙂

    • Può anche essere… ma la sostanza del post non cambia:
      rispetto a 10 anni fa siamo cambiati profondamente ed il ritorno del vinile, almeno per la musica, è un simbolo di questo cambiamento.

  3. ma va bene eh, per te è il simbolo del cambiamento e lo è anche per me: del cambiamento dall’interesse per la musica all’interesse per la collezione di oggetti.
    🙂

  4. Io credo che ci siano nicchie analoghe, vedi fumetti o album di figurine; ho un amico che bazzica giochi da tavolo ed è pronto a giurare che dopo l’epoca delle consolle sta rinascendo il gioco di società tipo monopoli.
    Poi c’è il vinile, a NOI tanto caro, che a tratti riemerge nel mainstream, laddove spopola anche spotify. Forse il nostro è un punto di vista ‘deformato’ non so. Però io resto sempre dell’idea che ho già espresso più di una volta anche su questo blog: la rinascita del vinile non esiste.
    Ciaoooooooo

  5. Mah… onestamente non risco a capire come fai a negare la rinascita del vinile quando negli anni 90 tutte le uscite discografiche erano solo in CD ed oggi tutte le uscite discografiche sono in CD, digitale e Vinile. Anzi nel 2013 e 2014 stiamo assistendo alla ristampa del catalogo degli anni 90 in vinile. Comunque, prima di dilungarci in noiosissime guerre a colpi di commenti sarcarstici che non portano da nessuna parte io proporrei la seguente exit strategy:
    Amici come prima e alla prossima.
    Ciao.

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