Quest’estate in occasione dei 40 anni dall’uscita dell’album Rimini di Fabrizio De André è stata pubblicata una nuova edizione in tiratura limitata in CD accompagnata da un libro di 80 pagine. La cosa che colpisce subito di questa edizione è la copertina, molto più bella di quella originale.
A pensarci bene, l’immaginario visuale di De Andre è abbastanza povero: il pezzo di casa di Creuza de Ma, un indiano, immagine familiare negli anni 60 e 70 ma che oggi non suscita nulla, una specie di pulcinella di bella fattura ma esteticamente bruttino dei Concerti, una lunga serie di immagini in primo piano o di tre quarti del nostro Fabrizio, anche queste spesso poco aggraziate, e poco altro.
Per rendere omaggio ad un cantautore che invece da un punto di vista musicale ha sfornato alcune tra le pagine più importanti della musica italiana, ho pensato di ravanare nella sua discografia alla ricerca di vinili perfetti da pubblicare e ne ho trovati almeno 5 con copertine molto belle e che (probabilmente) non hai mai visto.
Canterbury Scene for Dummies 4
Prosegue una delle saghe storiche del blog, iniziata nell’ormai lontano 2012, che cerca di tracciare un itinerario nella difficile ed insidiosa Scena di Canterbury passando per album di (relativamente) facile ascolto.
Questa è la volta di In the land of Grey and Pink dei Caravan.
Nati da una costola del gruppo adolescenziale Wilde Flowers, come tutti i gruppi canterburiani del resto, i Caravan sono uno dei protagonisti della Scena di Canterbury. A differenza dei “jazz-rock” Soft Machine e National Health o degli “psichedelici” Gong, però, loro sono stati sempre il gruppo più propriamente progressive della combriccola.
Qualche giorno fa, mentre scorrevo gli album della Saluzzi’s Home Record Collection in cerca di qualcosa da ascoltare (e su cui magari fare un post), mi sono accorto che quando qualche tempo fa parlai album con le copertine in bianco e nero mi sono dimenticato di due pezzi da novanta.
Forse perchè nella ricerca mi focalizzavo troppo sul colore nero senza fare caso a questi album quasi completamente bianchi, o forse perchè sono dischi così importanti che spesso finiscono per essere dimenticati (vai a capire i meandri della psicologia…).
Fatto sta che in questo blog non ho ancora mai parlato del White Album dei Beatles e di the Wall dei Pink Floyd.
Dalla ricerca sui King Crimson da cui è nato il post su Mel Collins ho imparato che esistono dei musicisti che hanno fatto la storia della musica pur restando lontani dalle luci della ribalta.
Da allora sono sempre molto attento quando mi ritrovo lo stesso nome in contesti diversi perchè musicisti di questo tipo, che potremmo definire “musicisti in ombra”, sono sempre in agguato.
E’ così che qualche tempo fa mi sono imbattuto in quello che ho scoperto essere il re dei “musicisti in ombra” della musica italiana: GIAN PIERO REVERBERI.
Vero e proprio creatore della musica leggera italiana, Reverberi ha collaborato con centinaia di artisti ed ha contribuito a scrivere, arrangiare o correggere un numero impressionante di album e di canzoni, anche molto famosi.
Non credo di esagerare dicendo che ciascuno di noi, a sua insaputa, almeno una volta nella vita ha cantato sotto la doccia una canzone in cui c’era lo zampino dell’autore genovese.
Non ci credete?
Leggete questo post!
Una sera d’estate di 42 anni fa. Christian Tritsch, Kevin Ayers (con la scodella in testa), Gilli Smyth, Daevid Allen, Sam Wyatt, Pip Pyle (il patrigno di Sam) e Didier Malherbe
Qualche giorno fa nella sezione news del sito ufficiale dei Gong è apparsa questa foto del gruppo con Kevin Ayers ed il piccolo Sam Wyatt (figlio di Robert) accompagnata dalla seguente nota:
This wonderful photograph of Gong recently surfaced and has been around on the fleece-book. I thought it was high time to try and flesh it out a bit. It was taken by Robert Wyatt’s brother, photographer, Mark Ellidge, in the gardens of the Chateau d’Herrouville in the Val d’Oise, North East of Paris where ‘Camembert Electrique‘ was recorded. The Chateau later became famous as Elton John’s ‘Honky Chateau’, where both that album and his ‘Goodbye Yellow Brick Road’ were recorded. Among many other albums of note recorded at the Chateau’s studios were, Floyd’s ‘Obscured By Clouds‘, ‘The Slider’ by T Rex, Bowie’s ‘Pin Ups’ and Iggy Pop’s ‘The Idiot’.
Rispetto alla sua fama, il numero di dischi in circolazione di Rino Gaetano è insolitamente basso.
I suoi album ufficiali (6) sono usciti inizialmente in vinile ed hanno avuto una sola ristampa povera in CD negli anni 90. Solo uno (E io ci sto) è uscito anche su cassetta. Per gli altri nessuna nuova edizione o ristampa.
Proprio per questo motivo, qualsiasi collezionista sa bene che è praticamente impossibile trovare un LP qualsiasi di Rino Gaetano a meno di 60 – 70 euro, incluse le raccolte di Lineatre.
Essere riusciti a prendere Aida a € 35,49 è quindi un ottimo motivo per farci un post di gioia planetaria.
Inizialmente questo post era dedicato ad uno degli ultimi arrivi della Saluzzi’sHRC: Lizard dei King Crimson autografata dal sassofonista del gruppo MEL COLLINS.
Raccontare la storia dietro gli autografi dei dischi della mia collezione è ormai un classico per cui pensavo di cavarmela con poco, soprattutto dopo aver ricevuto una mail particolarmente succulenta da parte del tizio che me l’ha venduto:
“ciao, Mel Collins l’ho incontrato 2 volte, una al Naima di Forlì una decina di anni fa’ assieme ai 21th Century Schizoid Band ed un’altra un paio di anni fa’ a Veruno assieme agli Arti e Mestieri e a David Cross… Questo me l’ha firmato al Naima. Se ti interessa l’anno preciso dimmelo.. anche se non lo ricordo con Google faccio presto perchè so’ di certo che esiste un cd live ufficiale dei 21th Schizoid Band registrato proprio a Forlì (e son venuti solo quella volta). ciao a presto! John.”
Parlava del Live in Italy, registrato dalla band di ex membri dei King Crimson al Naima Club di Forlì il 25 marzo 2003.
Avevo materiale per un post bello pregno quando per caso sono finito su questa pubblicità:
Un minitour italiano dei Dire Straits Legends, una band di membri fondatori dei Dire Straits.
Tra cui Mel Collins.
Che ci fa uno che ha suonato in Lizard ed Islands dei King Crimson tra i fondatori dei Dire Straits?
Approfondendo ne ho scoperto veramente delle belle!
E’ passato ormai tantissimo tempo da quando, in un post dedicato ai Gong (e come ti sbagli), avevo accennato al fatto che mi stavo trasferendo di casa.
Da allora è stato un viavai di situazioni provvisorie, di problemi con operai e con ditte edili e di forte precarietà vinilica.
Problemi, questi, legati al passato dato che da mercoledì scorso FINALMENTE il giradischi della Saluzzi’s Home Record Collection ha ritrovato una collocazione (abbastanza) definitiva.
L’album Tales from Topographic Oceans degli Yes ripropone una questione estetica cara ai filosofi dell’arte dai tempi della “Critica della Ragion Fracica” di Kant che suona più o meno così:
Come succede sempre nella filosofia di questi tempi, entrambe le tesi sono corrette e percorribili.
Ogni volta che si parla di quest’album degli Yes, quindi, a seconda se chi scrive appartiene all’una o all’altra corrente, lo giudica una schifezza inascoltabile oppure una delle cose più importanti della musica moderna.
E’ lo stesso Jon Andreson, cantante del gruppo ed ideatore del “concept”, a spiegare che non siamo di fronte ad un disco qualsiasi:
Non è un mistero che il periodo che va dall’uscita di Syd Barrett alla pubblicazione di Dark Side of the Moon sia il mio periodo dei Pink Floyd preferito, e quando mi si presenta l’occasione di ascoltare qualcosa che non avevo mai ascoltato prima mi ci butto a capofitto.
E’ quello che è successo qualche giorno fa con questo Bootleg:
Assieme all’analogo Paradiso Early Show, il CD contiene l’esibizione integrale dei Pink Floyd del 23 maggio 1968 al Paradiso di Amsterdam, due concerti tenuti a Roma nello stesso periodo e qualche outtakes della colonna sonora di More.
Vale a dire le più “antiche” registrazioni dei Pink Floyd dopo l’uscita di Syd Barrett dal gruppo.
Oltre ad una versione di 9 minuti di Let There Be More Light, brano dell’album A Saucerful of Secrets (che all’epoca non era ancora uscito) decisamente raro da ascoltare live, la cosa che mi ha incuriosito di questo CD è Keep Smiling People, pezzo a me totalmente ignoto della lunghezza di ben 11 minuti.
Dopo aver ascoltato il disco ho scoperto che Keep Smiling non è altro che una versione embrionale di Careful with that Axe Eugene.
E’ incredibile come appena scavi un attimo nella storia dei Pink Floyd di quel periodo esce fuori qualcosa che è una versione precedente o una versione alternativa di Careful.
Ho deciso, quindi, di dedicare questo post alle sette (proprio sette!) vite di Careful with that axe Eugene.